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Veneto Banca e Popolare di Vicenza, quali rimedi?

di avvocato Emanuele Compagno

E’ possibile rivolgersi allo Studio Legale Avvocato Emanuele Compagno per consulenze ed azioni.

Da alcuni anni – ormai – molti avvocati interessati al diritto bancario si stanno occupando della posizione dei risparminatori traditi dalle due popolari venete.

Le due banche hanno collocato proprie azioni ad ignari risparmiatori in violazione delle norme sulla tutele da adottare per evitare le conseguenze disastrose di un investimento errato.

In particolare è stato riscontrato dalle autorità che la banca non redigeva correttamente i questionari Mifid – così da far passare a sistema un acquisto azionario inappropriato ed inadeguato – ha sopravvalutato le proprie azioni, non ha comunicato il suo vero stato patrimoniale, ha diffuso lettere e comunicati stampa rassicuranti quando – al contrario – ben conosceva il proprio stato precario.

In questo modo è stato alterato il rapporto con il sottoscrittore così da determinarsi la crisi assai nota.

Il 26 giugno 2017 il Governo ha emanato un decreto legge, convertito a luglio in legge, con cui ha posto le due banche in liquidazione coatta amministrativa.

A seguito di tale decreto – oggi – è possibile presentare istanza ai liquidatori di riconoscimento del credito ai sensi dell’art. 86 comma 5 del Testo Unico Bancario.

Invero è ben difficile che, a liquidazione conclusa tra qualche anno (se non decina d’anni), possa restare qualcosa ai risparmiatori il cui credito – se riconosciuto come tale dai liquidatori e quindi inserito a “passivo” – è chirografario e post-posto sia al prestito statale, sia alle multe e sanzioni che le Banche hanno ricevuto.

Le cause pendenti di fronte ai Tribunali vengono dichiarate interrotte perché i legali rappresentanti delle due banche hanno perso il potere di rappresentarle.

Ma le azioni giudiziarie sono riassumibili verso i liquidatori?

A parere dello scrivente avvocato la risposta è affermativa.

Del resto l’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF) della Consob ha ritenuto ancora procedibili le azioni ivi rivolte contro le due banche.

L’ACF dichiara improcedibili i procedimenti introdotti solo a partire dal 18 luglio 2017, e solo a seguito del provvedimento della BCE che ha di fatto revocato ai due istituti di credito la “patente” di “banca”.

L’art. 83 del Tub, in tema di effetti della procedura di liquidazione coatta amministrativa, rimanda agli effetti di cui al fallimento, escludendo – però – l’art. 43 della legge fallimentare ovvero l’interruzione delle azioni.
Le azioni sono quindi pienamente procedibili.
Nemmeno è invocabile il comma 3 dell’art. 83 del Tub per giustificare un’improcedibilità delle azioni civili laddove detto articolo recita: “Dal termine previsto nel comma 1 contro la banca in liquidazione non può essere promossa né proseguita alcuna azione, salvo quanto disposto dagli articoli 87, 88, 89 e 92, comma 3”.
Infatti tale norma viene introdotta con riferimento alle azioni di cui agli artt. 87, 88, 89 e 92 comma 3 e cioè tutte azioni relative alla procedura di liquidazione.
Tant’è vero che l’ultima parte di detto comma esplicita l’ambito di applicazione dello stesso e cioè le “le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione” senza coinvolgere le azioni che trovino un titolo precedente o comunque che non incidono sulla procedura.
Le azioni – come nel nostro caso – che trovano fondamento su fatti antecedenti la procedura e comunque tutte le zioni che non incidono direttamente sulla procedura o non trovano nel procedimento di liquidazione la loro causa, sono procedibili.
A tale conclusione è giunta in maniera granitica la Giurisprudenza della cassazione che ha interpretato l’art. 83 Tub sul punto.
Si veda Cassazione civile, sez. VI, 28 maggio 2013, n. 13174. Presidente Di Palma. Relatore Bernabai.
“Facendo ricorso ai criteri elaborati dalla giurisprudenza in relazione all’articolo 24 L.F., per “azioni derivanti dalla liquidazione” di cui all’art. 83 TUB devono intendersi quelle azioni che trovano nella liquidazione la loro origine e il loro fondamento come causa determinante ovvero quelle azioni che sono suscettibili di incidere nella procedura concorsuale e sulle norme che la regolano e mediante le quali si realizzano i fini fondamentali dell’istituto. (Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che non rientrasse nella previsione dell’articolo 83 TUB la domanda riconvenzionale svolta dalla SGR nell’ambito di un procedimento di sfratto)”.
In maniera del tutto chiara la Cassazione sancisce la procedibilità delle azioni statuendo:
“Va premesso che, in applicazione dei criteri elaborati dalla giurisprudenza in relazione alla L.F., articolo 24, per “azioni derivanti dalla liquidazione” di cui all’articolo 83 T.U.B. devono intendersi quelle azioni che trovano nella liquidazione la loro origine e il loro fondamento come causa determinante ovvero quelle azioni che sono suscettibili di incidere nella procedura concorsuale e sulle norme che la regolano e mediante le quali si realizzano i fini fondamentali dell’istituto (in tal senso v. Cass. 2012, 1119, in relazione ad azione di sfratto per morosita’ esercitata sempre dalla (OMISSIS)).
Nella specie, l’azione di pagamento dei canoni di affitto, svolta in via riconvenzionale dalla (OMISSIS), non deriva dalla liquidazione coatta amministrativa della società, né subisce deviazioni dallo schema legale tipico per effetto di detta procedura, essendo rivolta a tutelare i diritti derivanti da contratto precedentemente, stipulato e derivando solo da pretese inadempienze contrattuali della (OMISSIS) Spa.”.
E’ quindi del tutto chiarito che il nostro caso è procedibile, coinvolgendo un’azione di pagamento che non deriva dalla liquidazione coatta amministrativa della società, né che subisce deviazioni dallo schema legale tipico per effetto di detta procedura, essendo rivolta a tutelare i diritti derivanti da contratto precedentemente stipulato e derivando solo da pretese inadempienze contrattuali.
Del resto lo stesso decreto ministeriale 99 del 2107 di messa in liquidazione della Banca precisa che restano in capo alla Banca ceduta le azioni civili per fatti antecedenti alla liquidazione, ma introdotte successivamente.
All’art. 3 comma in tema di “Cessioni” il decreto recita:
“Restano in ogni caso esclusi dalla cessione anche in deroga all’articolo 2741 del codice civile:
(OMISSIS)
c) le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività”.
Si tenga inoltre presente che il Tub, all’art. 91 comma 6, prevede che i liquidatori accantonino delle somme per far fronte alle passività derivanti dai procedimenti giudiziari attivati contro la società in liquidazione.
Ne consegue che tali procedimenti, per corollario, permangono.
Ne consegue che, in maniera chiara ed inconfutabile come l’azione sia assolutamente procedibile.

Resta possibile un’azione verso le società di revisione dei conti qualora si riuscisse a dimostrare:

  • che i revisori dei conti erano a conoscenza dello stato di decozione;
  • che – nonostante ne fossero a conoscenza – i revisori non hanno informato, nelle loro relazioni, i vertici della banca;
  • che la Banca aveva trasmesso ai revisori documentazione da cui si poteva rinvenire lo stato di decozione;
  • che l’omessa segnalazione ha inciso a livello causale sul danno e cioè che – se ci fosse stata pronta segnalazione – l’epilogo sarebbe stato diverso per i risparmiatori.

Eventuale possibilità è quella – ulteriore – di presentare una costituzione di parte civile nel processo penale in corso, con poche speranze – ancora una volta – di recuperar il danno atteso che gli imputati, con ogni probabilità, non disporranno di beni sufficienti per pagare le – eventuali – condanne.