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Assegno di divorzio e convivenze di fatto

di Avvocato Emanuele Compagno

appunti del convegno del 01.12.17 di Mestre.

In merito all’assegno divorzile.
Dal concetto di tenore di vita si è passati, con la nota sentenza del “caso Grilli” al concetto di indipendenza economica.
Solo Udine ha continuato ad applicare il concetto del tenore di vita anche se tutti gli altri tribunali pongono a riferimento l’indipendenza e cioè indagano se la persona abbia o meno mezzi o non li possa avere per circostanze oggettive e per impossibilità di procurarseli.
Da provare, oggi, modificando l’impostazione degli atti: lo stato di bisogno e la non indipendenza.

Ovvero cosa rendeva impossibile avere i mezzi di indipendenza economica.
Ora la questione è approdata in cassazione Sezioni Unite dal 24 novembre 2017. La Corte che dovrà capire se abbia rilievo o meno una condizione sociale della famiglia.
Sarebbe opportuno far riferimento, invero, al concetto di indipendenza libera e dignitosa.
La dignità si verifica anche con la situazione precedente (ad esempio se prima il coniuge poteva permettersi la vacanza al mare oggi egli deve poter trascorrere parimenti la vacanza al mare, anche se in una località meno lussuosa).

In merito al concetto di “famiglia di fatto” di cui all’art. 36 della L. 76 del 2016 per capire quale unione sia registrabile è stata emanata la circolare n. 7 del 2016 del Ministero dell’Interno che pare imporre le registrazioni. Quasi tutti i Comuni chiedono il medesimo stato di famiglia.
La prima cosa che gli ufficiali di anagrafe chiedono alla Polizia Locale è l’accertamento della coabitazione e del legame affettivo.
Del resto l’ufficiale d’anagrafe, qualora accerta una diversa residenza, può rettificarla forzatamente dialogando tra Comuni.

Il contratto di convivenza, invece, può essere fatto solo tra due persone non tra loro unite in matrimonio, altrimenti una persona potrebbe essere in comunione dei beni con due persone diverse.
Per essere, però, coppia di fatto non serve essere liberi di stato e ciò lo si ricava sia dalla lettura dell’art. 36 della L. 76/2016 e sia dalla lettura dell’art. 57 sulla nullità del contratto.

Il convivente di fatto può pretendere:
Informazioni sul diritto alla salute del convivente di fatto
telefonata settimanale
diritto assistenza ospedaliera
visita in ospedale
visita al carcere

No estensione al convivente di fatto ai benefici legati al lavoro
Sì al permesso per decesso del convivente – legge 53/2000 e permessi retribuiti per la 104/1992.

Sì Ads, già previsto dall’art. 407 e 408 cc così come danno da morte, ma era già previsto dalla giurisprudenza.

Al fine della prova della convivenza di fatto saranno utili testimoni, bollette in comune, conto corrente comune ed altro.

Il convivente di fatto può designare l’altro convivente come rappresentante con una scrittura privata che può disporre anche in merito alla salute in caso di malattia, cosa che non può fare il coniuge.
Ne deriva una liberalizzazione al diritto alla salute che non ha pari, come del resto la possibilità dell’art. 40 della L. 76/2016 di dare mandato verbale all’esercizio al diritto alla salute.

Nel caso in cui cessi la convivenza di fatto spetta un assegno alimentare (in denaro, non applicabile l’art. 443 c.c.) se c’è stato di bisogno, se non è in grado di provvedere al proprio mantenimento, per un periodo proporzionale alla durata della convivenza. No alla negoziazione assistita, no alla “una tantum”.
In questo caso verrà modificata la scheda anagrafica e verrà tolta la convivenza di fatto.

Si può verifica che la cancellazione avvenga anche perché l’ufficiale di anagrafe viene a sapere che (ad esempio per notifiche 140 cpc) non abita più nessuno nell’immobile interessato. A questo punto la Polizia Locale effettua continui accertamenti per un anno e, a quel punto, l’ufficiale d’anagrafe cancella per irreperibilità. In caso di morte il Comune del decesso scrive al Comune di residenza per cancellarli dall’anagrafe e dalle liste elettorali.

Impresa famigliare. NO:
1. continuità; 2. diritto al mantenimento, ma solo partecipazione agli utili e ai beni; 3. riferimento alla qualità e quantità del lavoro prestato; 4. partecipazione alle decisioni su reinvestimento utili; 5. prelazione per cessione inter vivos o mortis causa.

Nel caso in cui un convivente decida di interrompere la convivenza, alcuni Comuni non richiedono nulla, altri mandano raccomandata all’altro per verifica, altri ancora cancellano solo se c’è prova di una raccomandata inviata dal convivente che vuole cancellare.

A livello processuale – assegno perequativo.
In caso di convivenza che finisce con figli, il coniuge può fare
– ricorso 337 bis per figlio
– 337 bis e atto di citazione per gli alimenti alla convivente
– 337 bis per figlio e alimenti per moglie. Tale ipotesi, però, non viene ammessa solitamente poiché per legge l’art. 337 bis può essere utilizzato solo per i figli.

A Milano si può fare solo 337 bis per figlio e citazione ordinaria per la moglie.Sia per competenze tabellari e sia per la differenza presupposti.

Una volta per la moglie l’assegno era qualificato come assegno 156.

E’ molto difficile da provare l’assegno alimentare. Le cause alimentari sono quasi inesistenti, per la difficoltà dello stato di bisogno.

Sono poche le cause con convivenze lunghe, la maggior parte sono cause con convivenze brevi o addirittura figli nati pur in assenza di una convivenza.

Meglio pensare – secondo il giudice di Milano – un assegno a termine.

E’ abberrante – secondo il giudice di Milano – che non si possa accedere alla negoziazione assistita. Nemmeno l’assegno una tantum.

Se due conviventi interrompono la convivenza, uno con figlio e genitori ricchi, ma disoccupato, e l’altro ricco di suo, il disoccupato non può chiedere gli alimenti al convivente ricco perché l’ordine degli obbligati prevede il convivente come ultimo.

In caso di morte del convivente bisogna – per primunciato di giurisprudenza – dare 90 giorni all’altro per la liberazione dell’immobile occupato.

Poiché l’art 42 prevede il diritto a abitare la casa del coniuge per almeno tre anni se alla morte c’è un minore, si pone un problema interpretativo.
Se alla morte il minore ha 16 anni, posso rimanere tre anni o 2? Cioè solo alla fine della minore età? Oppure sempre per tre anni? Sono accettabili tutte e due le teorie.

Per abitare l’immobile serve atto di citazione. Sia per accertare la convivenza e poi per accertare il diritto di abitare. Nel mentre gli eredi con rito locatizio possono far avere la liberazione per occupazione sine titulo.

CONTRATTI DI CONVIVENZA
art. 57 della legge 76.
1. libertà di stato. Possono farlo i conviventi di fatto. Possono scegliere solo la comunione dei beni, non le convenzioni patrimoniali, fondo patrimoniali o separazione dei beni.
2. Posso indicare : indicazione di residenza, modalità di contribuzione in relazione alle sostanze e alla capacità di lavoro professionale o casalingo, regime patrimoniale della comunione di beni. In merito alle conseguenze patrimoniali della cessazione, secondo una prima teoria non si posso inserire tali aspetti, secondo altri – maggioritari – si.
Quindi non potrei inserire nel contratto di convivenza, che ha una natura solenne, questi aspetti patrimoniali che dovrei disciplinare con atto separato.
Quindi uso forma solenne – atto pubblico o scrittura privata autenticata anche da avvocato – per inserire solo quelle tre cose. Gli avvocati devono inserire la conformità a norme imperative e all’ordine pubblico. Termini e condizioni si hanno per non apposti. Tali atti vanno inviati all’ufficiale di stato civile entro dici giorni, con forma libera, via pec o a mani.
L’ufficiale di stato civile deve registrare nella scheda di famiglia dei conviventi e nelle schede individuali dei componenti data e luogo di stipula, data ed estremi della comunicazione da parte del professionista; assicurare la conservazione degli atti della coppia del contratto ricevuto.
Il problema è che eventuali creditori non possono sapere – a registro – se i coniugi siano in comunione dei beni.
L’ufficiale di stato civile non è tenuto a dare il contratto a terzi, come ad un creditore.
Non è noto se l’avvocato debba o meno fornire il contratto a terzi. Si ritiene di no.
Non c’è un regime di pubblicità, a differenza dei coniugi, in cui si può conoscere se c’è fondo, separazione o comunione.