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Finanziamento collegato. Per Abf non si ha diritto alla restituzione somme.

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Di Avv. Emanuele Compagno

FINANZIAMENTO COLLEGATO. PER ABF NON SI HA DIRITTO A RESTITUIZIONE RATE SE IL FINANZIAMENTO E’ STATO ESTINTO. POSIZIONE NON CONDIVISIBILE.

Il caso è quello delle note cure dentali che dovevano essere erogate da un’azienda, poi fallita. I contratti con l’azienda erano stati finanziati con delle finanziarie.

L’Abf si è già espresso sulla non necessità della preventiva messa in mora stante il fallimento dell’azienda, pertanto il grave inadempimento è in re ipsa.

Non è necessaria, quindi, alcuna “dimostrazione” dell’inadempimento, come vorrebbero le finanziarie.

Come noto, l’art. 125 quinquies del testo unico bancario, consente l’azione diretta del consumatore verso la finanziaria una volta dimostrato, con messa in mora, l’inadempimento dell’azienda.

Secondo l’Arbitro, laddove le rate siano state integralmente versate ed il finanziamento sia chiuso, il consumatore non avrebbe diritto alla restituzione somme in quanto non esisterebbe più un contratto da attivare ed in virtù del quale “decretare” la restituzione delle rate.

Il Collegio di Coordinamento, con la recentissima decisione n. 12645/21 del 17.05.2021 ha stabilito che “Il diritto alla restituzione delle rate pagate è precluso dalla eventualità che il finanziamento sia stato interamente rimborsato”.

Tale posizione non è condivisibile e va censurata.

Si sottolinea che il relatore di questa decisione è quello il membro di designazione degli intermediari.

Ricordiamo che il collegio era composto come segue. Collegio composto dai signori: LAPERTOSA – Presidente, LUCCHINI GUASTALLA – Membro designato dalla Banca d’Italia, DE CAROLIS – Membro designato dalla Banca d’Italia, GRANATA – Membro di designazione rappresentativa degli intermediari, VASCELLARO – Membro di designazione rappresentativa dei clienti. Relatore: GRANATA Seduta del 10/05/2021

Non vi è alcuna norma che autorizzi tale ragionamento.

In ogni caso va applicata non solo la norma del 125 quinquies, ma anche il principio generale dell’indebito oggettivo di cui la norma del Tub citata è corollario. Infatti, la Cassazione ha chiarito che, una volta chiesta la restituzione somme, non rileva il “titolo” in forza del quale viene chiesta la restituzione, ma la sussistenza di un oggettivo indebito.

L’effetto recuperatorio comporta l’applicabilità della disciplina sulla ripetizione dell’indebito (Bianca, 1994, 290, Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 514). E ciò indipendentemente dal fatto che l’art. 125 quinquies Tub disponga: “la risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate”.

Tale norma, infatti, non va interpretata nel senso che “solo la risoluzione” determini diritto alla restituzione, così che – laddove la risoluzione non sia possibile per estinzione del finanziamento – la tutela restitutoria cesserebbe.

Tale norma dispone che dalla risoluzione discende sicuramente l’obbligo restitutorio, ma non dispone una previa risoluzione al fine della restituzione.

Sicuramente dalla risoluzione sorge l’obbligo restitutorio. Ma la norma non dispone il contrario e cioè che la restituzione sorga solo dalla risoluzione. L’ABF è in evidente errore.

Tale norma non esclude che l’obbligo restitutorio sorga comunque dall’inadempimento o da altre fonti, come visto sopra, in tema di indebito arricchimento o indebito oggettivo o carenza della causa contrattuale.

La norma pone l’accento sulle rate “già pagate”, cioè quelle prive di giustificazione e, quindi, indebite.

Laddove, invece, si verta in tema di prestazioni da eseguirsi frazionate nel tempo, in modo continuativo, ovviamente le prestazioni già eseguite non saranno oggetto di rimborso e ciò proprio in virtù dell’art. 1458 c.c. che specifica la particolare disciplina “salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”.

Cassazione civile , sez. VI , 18/05/2021 , n. 13504

il venir meno del titolo, quale che ne sia la causa, rende indebita la prestazione effettuata in base ad esso e, una volta che ne sia stata chiesta la restituzione, non rileva la ragione per cui il pagamento è divenuto indebito, potendo identico effetto restitutorio seguire all’accertamento d’ufficio di altra causa di risoluzione”.

Ancora, in tema di mutuo: “Cassazione civile , sez. III , 01/07/2005 , n. 14084

L’indebito oggettivo si verifica o perché manca la causa originaria giustificativa del pagamento (conditio indebiti sine causa) o perché la causa originaria del rapporto originariamente esistente è poi venuta meno in virtù di eventi successivi che hanno posto nel nulla o reso inefficace il rapporto medesimo”.

Va considerato, quindi, anche un ulteriore principio di diritto, l’indebito arricchimento ai sensi dell’art. 2037 c.c.

Ciò significa che, in ogni caso, al di là ed oltre della disciplina stretta del 125 quinquies, che è posta sempre a tutela del consumatore, sussiste in via subordinata anche la disciplina del principio generale dell’indebito oggettivo e tale va applicata.

Se il debitore ha versato somme per le quali non è seguita una controprestazione, queste vanno rimborsate. E’ un principio di giustizia che discende dal concetto generale dell’indebito oggettivo di cui bisogna tenere conto.

Il ragionamento dell’Abf è ancor più illogico laddove la risoluzione sia avvenuta di diritto con il trascorrere dei 15 giorni della diffida ad adempiere, nel caso in cui il consumatore non si sia limitato a spedire una “messa in mora”, ma una vera e propria “diffida ad adempiere” ai sensi dell’art. 1454 c.c. e cioè l’atto che determina la risoluzione di diritto del contratto dopo trascorsi 15 giorni dalla richiesta di adempimento. La diffida ad adempiere, infatti, è un modo di risoluzione del contratto;

Secondo l’Arbitro, infatti, non potendosi disporre la risoluzione di un contratto estinto per pagamento rate, non si potrebbe nemmeno disporre l’esecuzione dell’obbligo restitutorio una volta venuto meno il contratto e la sua causa contrattuale.

ABF in questo caso non deve risolvere un contratto “estinto”, ma disporre le restituzioni in virtù della risoluzione già avvenuta con la diffida ad adempiere e quindi con risoluzione avvenuta. Il problema, quindi, della possibilità di risolvere il contratto pur avendo, la finanziaria, “chiuso” il rapporto, non è corretto.

Si tratta di imporre al finanziatore le restituzioni conseguenti alla già avvenuta risoluzione.

Va, inoltre, valutato che, ai sensi dell’art. 1458 c.c., nel caso di prestazioni periodiche o continuative, la risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.

La norma esclude che gli effetti della risoluzione retroagiscano nei contratti ad esecuzione continuata o periodica. Si intende fare riferimento ai contratti in cui la continuità o periodicità non solo esiste per entrambe le parti, ma si realizza in modo che sia costantemente attuato l’equilibrio sinallagmatico tra prestazione e controprestazione (Dalmartello, 148). Ove l’una prestazione non sia proporzionale all’altra si sostiene che si debba dar luogo ad una restituzione parziale (Dalmartello, 148; Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 634). Pertanto il principio della irretroattività degli effetti della risoluzione opera solo in quei contratti in cui l’esecuzione ha luogo per coppie di prestazioni, da eseguirsi contemporaneamente;

Nel caso delle cure dentali è evidente la continuatività e/o periodicità. Una prestazione avviene in modo continuativo e periodico (rate del finanziamento), l’altra prestazione pure avviene in modo periodico, frazionato, continuativo. Infatti le cure dentali erano previste avvenire in lasso temporale diluito nel tempo a seguito di plurime e ripetute sedute.

Ne consegue che, in questo caso, le cure dentali continuative, la richiesta di risoluzione è correttamente formulata, non trovando rilevanza la posizione del finanziatore che, nel caso di cure dentali continuativa, distingua tra richiesta di risoluzione totale o parziale.

Alla luce dell’esame giurisprudenziale, il principio secondo cui gli effetti retroattivi della risoluzione non operano per le prestazioni già eseguite, riguarda i contratti ad esecuzione continuata o periodica, ossia soltanto quelli in cui le obbligazioni di durata sorgono per entrambe le parti e l’intera esecuzione del contratto avviene attraverso coppie di prestazioni da realizzarsi contestualmente nel tempo (Cass. n. 22521/2011Cass. n. 7169/1995). Per prestazioni già eseguite si intende quelle con le quali il debitore abbia pienamente soddisfatto le ragioni del creditore (Cass. n. 26862/2019; Cass. n. 10383/1998Cass. n. 2753/1989).

In merito al fatto che il diritto alla risoluzione non sorga per il fatto che una parte abbia già estinto la propria prestazione, non vi è alcuna norma che legittimi questo ragionamento;

Del resto, nel pronunciamento proposto da Abf ci si limita ad un ragionamento di ipotesi: “sembra doversi ritenere che le disposizioni dell’art. 125-quinquies presuppongano comunque che il contratto di credito collegato sia tuttora in essere”.

Invero non vi è alcuna motivazione sul punto, né questo ragionamento trova un addentellato normativo, né pare conforme a giustizia. Anzi vi sono pronunciamenti giurisdizionali in senso contrario.

Si introdurrebbe un’evidente ingiustizia nel momento in cui si esclude tutela al consumatore che è stato diligente nell’esecuzione della propria prestazione.

L’interpretazione proposta presta il fianco ad evidenti abusi poiché, laddove si stabilisse un numero di rate mensili esigue, ad esempio 4 o 5, sarebbe sufficiente il trascorrere di questi 5 mesi per escludere la tutela del 125 quinquies, soprattutto laddove l’azienda sia tenuta all’esecuzione delle prestazioni periodiche o continuative che durano più del tempo necessario all’estinzione;

La continuatività delle prestazioni rende inapplicabile l’invocato principio proposto da Abf. Avendo da un lato, infatti, delle prestazioni (cure dentali) che si articolano nel tempo e dall’altro dei pagamenti che si articolano nel tempo, si finirebbe per rendere applicabile il 125 quinquies al consumatore che sia in ritardo con le rate e, quindi, non le abbia ancora saldate del tutto. Al contrario si escluderebbe la tutela al consumatore che sia regolare con i pagamenti e, anzi, si sia impegnato ad un numero di rate inferiori, e cioè per un tempo inferiore al periodo delle cure dentali stesse.

Sul punto è già intervenuto il Tribunale di Torino, sez. 8^ Civile, sentenza n. 5532 del 28 novembre 2018 chiarendo che, in caso di risoluzione è dovuta la restituzione anche a finanziamento estinto.

Il fatto che il finanziamento sia “chiuso” ha un effetto contabile interno, ma non fa cessare le responsabilità civilistiche tra le parti. La risoluzione ha effetto retroattivo (sulle prestazioni e controprestazioni relative alla obbligazioni non eseguite) e ciò indimendentemente che una delle parti sia adempiente mentre l’altra no (e di conseguenza il contratto che a questi rapporti è collegato);

Infatti i tre rapporti fornitore-consumatore; fornitore-finanziatore; finanziatore-consumatore sono funzionalmente collegati, pertanto le vicende dell’uno si ripercuotono sugli altri. Sostenere l’irrilevanza dell’inadempimento poiché il finanziamento è chiuso significa misconoscere il legame funzionale dei tre contratti e rendere l’uno indipendente dall’altro, tradendo in radice il principio del necessario legame funzionale tra di essi.

A seguito della risoluzione per inadempimento s’impongono le reciproche restituzioni. Tibunale , Sulmona , 26/11/2007 , n. 353 “La risoluzione per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti sostanziandosi in un reciproco obbligo di restituzioni”.

Del resto, in caso di risoluzione, gli effetti sono retroattivi e comportano le reciproche restituzioni, come sopra visto. Cassazione civile , sez. II , 15/01/2007 , n. 738

Ne consegue che l’avvenuta risoluzione del contratto con il fornitore ha obbligatoriamente inciso anche sul contratto di finanziamento, funzionalmente collegato, con effetto retroattivo e obbligo di restituire le somme versate su prestazioni non eseguite;

Il principio discende dallo stesso 125 quinquies che prevede esplicitamente di rimborsare anticipatamente il finanziamento. Ne consegue che la norma ha consentito l’applicazione di se stessa anche nel caso in cui il rimborso avvenga prima del previsto e, pertanto, possibilmente anche prima che siano eseguite le controprestazioni.

Altrimenti l’art. 125 quinquies non avrebbe mai previsto la possibilità di estinguere anticipatamente il finanziamento!

In caso contrario verrebbe eliso il nesso negoziale e vanificata la ratio della norma che ha l’obiettivo di evitare lo squilibrio contrattuale.

Numerose sono le sentenze che chiariscono l’effetto dell’inadempimento sul collegamento negoziale. Tribunale Savona, 18/02/2013; Tribunale Nola sez. II, 10/04/2010; Cassazione civile , sez. II, 26/06/2019 , n. 17148.

La posizione dell’Arbitro è illogica e va rivista.